I 40 ANNI DEL LEGGENDARIO GRUPPO C
Nel 1982 si instituivano gli epocali gruppi A, B e C, quest’ultimo segnato dalle auto più belle, veloci e riconosciute della storia del motorsport, celebri quanto le F1 ed ancora acclamate dal pubblico planetario.
Le tre divisioni tecniche che presero il posto della classificazione numerica in voga nei ruggenti anni’70, festeggiano i quaranta calendari.
Dei tre gruppi istituiti nel 1982, solo il primo è sopravvissuto fino ai giorni nostri, seppur in forma ridimensionata rispetto ai suoi anni più scintillanti. Il gruppo A era riferito alle vetture Turismo, quello B prevalentemente alle GT e quello C alle Sport Prototipo.
Proprio il gruppo C fu istituito per sostituire sia il Gruppo 5 (coupé come la Porsche 935) che il Gruppo 6, riferito a sport prototipi aperti come l’Alfa Romeo 33 TT12.
Il regolamento tecnico di Gruppo C venne utilizzato nel Campionato Mondiale Sport Prototipo e fu applicato in generale nelle altre corse planetarie di questo tipo di vetture, fino al 1993.
Negli anni del dominio Porsche nel Mondiale Marche, che era riservato alle vetture del Gruppo 5 a partire dal 1976, col passare della stagioni si sentì sempre più forte l’esigenza di una nuova divisione di auto da corsa per risollevare l’interesse del pubblico e degli organizzatori, ormai annoiati da gare tramutatesi in derby fra le auto private ed ufficiali della celebre casa tedesca.
Il Gruppo C e il suo regolamento tecnico fu una sintesi delle intenzioni della FIA, il cui presidente Jean-Marie Balestre spinse a partire dal 1978 per il cambio regolamentare, l’ACO, che perorava la limitazione delle prestazioni attraverso il contenimento dei consumi, delle case costruttrici, che volevano evitare legami con le vetture di serie per aumentare il ventaglio di concorrenti e quelli del mitico pilota e giornalista Paul Frere, profeta della necessità di auto da corsa più efficienti e considerato il padre del gruppo C, le cui vetture sarebbero dovute essere delle coupé biposto, senza prescrizioni per la cubatura massima del motore.
Le dimensioni prevedevano una lunghezza fino a 480 cm, una larghezza fuori tutto di 200 cm ed un’altezza compresa fra 100 e 110 cm all’apice del parabrezza, con un peso minimo a secco di 800 kg. Il motore doveva derivare da un produttore che costruiva vetture di Gruppo A (turismo di grande produzione) o Gruppo B (Gran turismo). Tale norma fu però aggirata ad esempio dalla CARMA, acronimo dei nomi di Carlo Facetti e Martino Finotto, omologata dalla Giannini di Roma, con l’escamotage di riconoscere la paternità del propulsore utilizzato su questa vettura. Il serbatoio poteva contenere al più 100 litri, con un consumo imposto di carburante di 60 litri ogni 100 km (35 litri per il C-Junior/C2), mentre a seconda del format di gara (500 km, 1000 km, 12 ore o 24 ore) era previsto un differente numero massimo di rifornimenti consentiti, che erano ben 24 nel caso della maratona di Le Mans.
Dal punto di vista aerodinamico, l’effetto suolo era limitato dalla presenza sul fondo di una superficie piana lunga 80 e larga 100 cm, posizionata subito dopo l’asse anteriore, con perlopiù la regola che nessuna parte sospesa potesse trovarsi sotto tale piano di riferimento.
Due le portiere, dalla larghezza minima di 50 cm e l’altezza di almeno 30 cm, mentre la misura trasversale del cockpit era di soli 130 cm all’altezza dei gomiti. Le ruote avevano diametro libero ma la larghezza della gomma montata col cerchio non poteva superare i 40,64 cm, cioè i 16 pollici. Queste coordinate di base riguardavano la prima generazione delle gruppo C, che poi videro mutare le norme tecniche di riferimento nel corso degli anni.
Classi C1 e C2
Il Gruppo C venne dapprima suddiviso in due classi di prototipi: la C (dal 1984 C1) e la C-Junior (poi C2).
Nella divisione C1 competevano i grandi team, che nel corso degli anni schierarono prototipi sempre più sofisticati e costosi, innescando inevitabili aumenti dei costi.
La classe C2 (originalmente chiamata C Junior) era concepita invece per le squadre private ed i piccoli costruttori. La normativa tecnica era sostanzialmente la stessa delle C1, a parte il peso minimo fissato a 700 kg e ulteriori limiti al consumo di combustibile, di massimo 35 litri ogni 100 km. La maggior parte dei prototipi C2 utilizzavano il diffuso 8 cilindri Cosworth DFL, l’epocale 6 in linea della BMW o il robusto V6 della Rover, anche se i primi due titoli furono preda delle Alba con motore CARMA 4 cilindri turbo, prima citate.
La “C” potrebbe anche essere interpretata come acronimo di “consumo”, perché l’intento principe della FIA era la costituzione di una formula più efficiente nella progettazione dei propulsori e delle vetture in senso lato, che limitasse la quantità di carburante invece che imporre una cilindrata precisa, sperando quindi che i grandi costruttori non si concentrassero principalmente sullo sviluppo iperbolico del motore, come accadde negli anni ‘70, quando i più vincenti costruttori dominarono le corse delle sport-prototipo concentrandosi sulle potenze ed agendo all’occorrenza sulla pressione del turbo, soprattutto in qualifica, raggiungendo talvolta picchi di circa 1000 cv.
Teoricamente quindi, la formula consumo consentiva che anche i motori aspirati come il mitico tre litri Ford Cosworth DFV, fosse così possibilitato a competere con i motori di più elevata cubatura o con quelli sovralimentati. In più, la maggior parte delle corse prevedevano distanze di 500 o 1.000 chilometri, di tre o sei ore, conferendo grande importanza all’affidabilità tecnica.
Le prime auto sviluppate appositamente per gareggiare in questa categoria furono la Ford C100 (così chiamata per l’altezza del parabrezza) e la leggendaria Porsche 956, dotata del tradizionale e collaudato cuore boxer sovralimentato già montato sulla 936 di Gruppo 6.
Il gruppo C determinò un effetto a cascata, con l’ingresso in campo di parecchie altre marche come Lancia, Jaguar, Mercedes, Nissan, Toyota, Mazda ed Aston Martin. Molti di questi costruttori partecipavano contestualmente anche al campionato IMSA, poiché il relativo codice della categoria GTP prevedeva norme molto simili, tranne la limitazione dei consumi.
Fin dalla prima stagione, la griglia di partenza contava più di 20 vetture di Gruppo C e la proverbiale Porsche 956 si prese d’autorità lo status di regina della serie, confermandolo con quattro mondiali costruttori e quattro piloti vinti in sequenza.
Benché contrastata in parte dalla Lancia LC2, l’interregno Porsche non fu mai messo seriamente in discussione.
Si dovette attendere il debutto nella serie della Jaguar per dare alla casa tedesca una concorrente di assoluto livello ed infatti il brand teutonico rispose al fuoco inglese con una nuova biposto, la 962.
Restando in Germania, i buoni risultati delle automobili preparate dalla factory amica della Sauber, spinsero la Mercedes ad impegnarsi ufficialmente nel 1987.
Dopo anni di dominio, a partire dal 1988 la Porsche iniziò a mostrare il proprio limite di fronte alla Jaguar e soprattutto alla Sauber-Mercedes, maturando la scelta di ritirarsi dalle competizioni e limitandosi a fornire assistenza alle proprie vetture schierate da clienti. Verso la fine degli anni 80 vi fu anche una netta crescita dell’interesse verso il gruppo C del fronte nipponico composto da Toyota, Nissan e Mazda, impegnate con programmi ufficiali. I motori divennero sempre più potenti ma contemporaneamente sobri nei consumi grazie all’impiego di tecnologie avanzate, superando anche i 1.000 CV in qualifica, di pari passo con l’efficienza aerodinamica estremizzata e la sofisticazione dei materiali, che determinarono un’ escalation eccezionale delle prestazioni e regalando un livello di popolarità del Gruppo C quasi equipollente a quello della Formula Uno. Quando i prototipi C1 cominciarono a sviluppare potenze micidiali ed a raggiungere velocità troppo elevate, come accadde a Le Mans sul rettilineo dell’Hunadieres, ove la Wm Peugeot toccò i 405 km/h, la FIA iniziò quindi a studiare delle modifiche, con l’introduzione nel 1990 delle nuove vetture Sport con unità da tre litri e mezzo aspirate, senza vincoli di consumo carburante ed un peso minimo fissato a 750 kg.
La nuova formula limitava le prestazioni dei prototipi costruiti in base alle regole originali come la 962, usata da molti privati ed avvantaggiava invece le squadre ufficiali, che schieravano nuovi prototipi equipaggiati con i nuovi motori atmosferici da 3,5 litri, del tutto simili ai propulsori montati sulle monoposto di F1 del tempo, ampliando così il divario con i team privati e soprattutto i costi della categoria. Grazie a questo regolamento tecnico vennero quindi concepiti i più prestanti prototipi della storia del Gruppo C, che nonostante disponessero di potenze inferiori alle più spinte vetture degli anni ‘80, grazie al minor peso e soprattutto alle più estreme soluzioni aerodinamiche, consentivano tempi sul giro più veloci. Sebbene Mercedes, Jaguar, Mazda, Peugeot, Lola, Nissan e Toyota restassero della partita, questo campionato mondiale sport perse sempre più interesse presso il pubblico poiché il concept primordiale della gara di durata scomparve, in quanto la lunghezza delle gare fu ridotta a soli 480 km.
Si arrivò quindi al declino del Gruppo C, con Ford, Mercedes e Peugeot costrette a scegliere se investire ingenti capitali per una macchina completa o indirizzarsi direttamente verso la F1, come fornitori di motori.
Una delle stelle impegnate nelle gare del gruppo C fu Michael Schumacher, che lasciò le prime fortissime tracce di se’ a livello mondiale svettando con lo squadrone Mercedes, mentre Ayrton Senna stupì tutti sulla Porsche 956 di Pescarolo, qualche anno prima. Indimenticabile resta Stefan Bellof, immane talento scomparso a SPA nel 1985 per i postumi di un terribile incidente con la Porsche 956, mentre provava un sorpasso troppo azzardato ai danni di Jacky Ickx.
La carenza del parco vetture in vista del 1993, indurrà la FIA alla soppressione del Campionato Mondiale Marche, ma essendo diventata la 24 Ore di Le Mans una corsa extra campionato già nell’anno precedente, l’Automobile Club de l’Ouest permise ancora alle automobili del Gruppo C di competerci, anche se con delle limitazioni. Con grande disappunto degli spettatori e di tutti gli appassionati della categoria, scompariva quindi una delle formule di maggiore successo della storia del motorsport, segnata da macchine bellissime e velocissime, sponsor leggendari, piloti di altissimo livello, piste straordinarie e seguito mediatico totale.
La leggendaria maratona francese del 1994 fu l’ultima edizione in cui le macchine del Gruppo C parteciparono, fra cui una vettura mascherata da Gran Turismo che venne inserita nella categoria GT1 grazie a una falla nel regolamento, cioè la Dauer 962 Le Mans, che aggiudicandosi la corsa fece sfumare l’ultima vittoria di una Gruppo C in senso stretto, dato che alcuni problemi alla trasmissione attardarono la Toyota 94CV.
Negli anni successivi si costituì una nuova categoria di sportprototipi, utilizzando telai di vetture Gruppo C modificate, privandole del tetto e convertendole in spyder e barchetta, in gara ancora per qualche stagione.
Fra queste un posto al sole lo guadagno’ la “combo” Porsche WSC/95 che vinse le edizioni ‘96 e ‘97 della 24 H di Le Mans, utilizzando la monoscocca della Jaguar XJR-14 e la meccanica della Porsche 962.
In seguito, in Europa i prototipi quasi scomparvero dalle competizioni endurance, venendo poi rivalutati grazie allo sforzo della ACO, la quale istituì i nuovi LMP (Le Mans Prototype) e istituendo i campionati ALMS e LMS, riportando i prototipi al vertice di queste vetture.
Articolo di FRANCESCO ROMEO